martedì 1 agosto 2017

IL PADRONE DEL PALLONE




Quarant'anni fa e forse più, chi  fosse stato ragazzo, come me, conosceva la netta separazione che esisteva nel mondo tra chi possedeva un Supertele e chi più fortunato un San Siro, entrambi di plastica, ma di fattura e di qualità senz'altro diverse.
Poi c'erano gli eletti, la casta ristretta, i privilegiati: quelli che possedevano il pallone di cuoio.

Oggi i ragazzi adorano i giochi che si fanno da soli (senza doppi sensi) o al massimo in due, le playstation sono il compagno che dall'infanzia alla adolescenza (per tanti anche oltre) accompagnano la crescita e l'ingresso nel mondo degli adulti.

Con un pallone, un proletario Supertele, si poteva giocare da soli o in compagnia, in tanti, da uno a più infinito.

Chi possedeva il pallone era il padrone del gioco e delle sorti.
Tutti ambivano a giocare, tutti scalpitavano.
Il padrone del pallone faceva valere il suo potere: chi aveva fatto  "la scià" con lui, "non jucava", chi gli faceva "malusangu" non giocava neppure.
I più scarsi, venivano scelti all'ultimo e spessissimo erano costretti a svolgere l'umiliante ruolo del portiere.
Dopo avere stabilito gli aventi diritto a giocare, si formavano le squadre ed al padrone del pallone spettava fare la prima scelta, che era sempre quello considerato più forte, non per meriti calcistici ma per aggressività.
Guai a chiamare un fallo contro o volere annullare un gol al padrone del pallone: subito pallone al petto e minaccia di andarsene.
Suppliche, atti di contrizione al limite dell'autoflagellazione convincevano il padrone del pallone a concedere ancora qualche minuto per mera paternalistica indulgenza.
Ginocchi e gomiti sbucciati, tutti impolverati, un impasto di sudore, terra e sangue ricopriva gli eroi di un vicolo, di una piazza ed ovunque non passassero auto, a quei tempi rare.

Poi c'era "la ricugghiuta".
L'orario del padrone del pallone, sorte voleva, era almeno un'ora prima di tutto il resto della brigata.
E giù di nuovo suppliche per trattenerlo altri cinque minuti.
Poi c'era l'addio, con l'immancabile domanda: dumani torni?

Il padrone del pallone andava via portandosi dietro l'oggetto del desiderio di tutti e c'era sempre qualcuno, a labbra strette e a denti quasi serrati pronunciava a mezza voce: "strunzu"

I padroni del pallone (che pallone non è) di oggi sono diversi, più raffinati, più evoluti ma sempre "strunzi"

(santodimauro dottorziz)


P.S. E' di oggi 1 agosto 2017 che l'Acireale Calcio è stata ammessa alla Serie D.
Proprio come ai tempi del padrone del pallone, l'Acquapozzillo militava in D.
Auguri Acireale.

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