mercoledì 6 dicembre 2017

Pi Natali, mo matruzza faceva u turruni


Mangiarlo oggi col diabete che mi ritrovo sarebbe letale, ma da ragazzo lo adoravo, mi piaceva da impazzire, tagliato a tocchetti piccoli, duro, appiccicoso ma irresistibile.
Il rito cominciava con la schiacciata delle mandorle, rigorosamente originarie di Belpasso o dintorni, a cui si partecipava tutti festanti, poi la sbollentata per togliere la pellicina, una tostatura leggera e veloce e si passava alla preparazione del torrone.
La caramellizzazione dello zucchero era un arte e la successiva inglobulazione delle mandorle doveva avvenire al momento giusto affinchè fossero avvolte dallo zucchero prima che il caramello indurisse, cristallizzando eccessivamente.
Il colpo finale era la "abbiata" supra a "balata di marmuru" presente in tutte le cucine del passato e la modellata con maestria in tanti parallelepipedi regolari che poi successivamente venivano tagliti con coltello dalla lama larga sollecitata dal martello di casa.
Io bambino aspettavo che qualche mandorla sfuggisse al rastrellamento e vagasse solitaria sulla balata di marmo, veloce la agguantavo e altrettanto velocemente venivo redarguito: "accura ca è cauda e ti spunta na papula 'nda vucca"".

Il torrone era pronto, 'mpicava unni e gh'è, ma era per noi ragazzi di un altra epoca una delle migliori leccornie.

Poteva essere ad esempio il natale del '68.
Già nel Natale del 78 era cambiato un mondo, la TV era a colori, oltre al panettone c'era anche il pandoro, il torrone non era più quello della mamma ma quello della Sperlari ed io ora ascoltavo De Gregori e non più le canzoni della Novena.

santodimauro
dottorziz
#cosedijaci

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